di Luca Piccolo su
World Social Forum
Claudio Marucchi (Torino, 1977)
Laureatosi in “Religioni e Filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente”
(Facoltà di Filosofia), con votazione 110/110, presso l’Università
degli Studi di Torino, con una tesi di laurea sull’impiego rituale dello
Sri-Yantra nel contesto tantrico Kaula. Pubblicazione del testo “Il
Tantra dello Sri-Yantra – Il corpo umano reso divino”, ed Psiche 2,
Torino (2009), con nota introduttiva del prof. Mario Piantelli, docente
di Religioni e Filosofie dell’India e dell’Estremo Oriente a Torino. Il
testo è stato presentato dall’autore in occasione del “Festival
nazionale dell’India”, 2-3-4 ottobre 2009, Grugliasco (Torino); alla
fiera esoterica nazionale “ESOTERIKA” presso Roma, il 7 febbraio 2010 e
in diverse librerie, associazioni culturali, centri olistici e scuole di
Yoga in Italia.
Pubblicazione del testo “Yoga Marg – la Via dello
Yoga”, in collaborazione con Marco Russo, edito dall’Associazione
Monginevro Cultura (Torino) all’inizio del 2010. Praticando Yoga con
regolarità da 15 anni, ha affiancato Marco Russo, insegnante di Hatha
Yoga, per introdurre ogni lezione con una breve spiegazione teorica dei
contenuti filosofici e tecnici relativi alle pratiche. Dalle dispense
che raccolgono queste lezioni è nato il libro.
Pubblicazione del
testo “I Tarocchi e l’Albero della Vita”, edito da Psiche 2 (Torino)
alla fine del 2010. Avvalendosi dei dipinti dell’artista inglese Susan
Jameson, la presentazione del libro – presso il Teatro Alpha di Torino –
è stata l’occasione per esporre, per la prima volta in Italia, alcuni
dei quadri relativi alle lame dei Tarocchi che l’artista ha realizzato
ispirata da visioni notturne. La seconda edizione del libro è stata
ristampata nel 2013.
Pubblicazione del testo “Crux Christi Serpentis
– Sulle tracce dei più intimi segreti delle Sacre Scritture”, edito da
Atanòr (Roma) nel 2012. Seconda edizione prevista per il 2014.
Pubblicazione del testo “Erotismo e Spiritualità – Introduzione alla
Liberazione attraverso il piacere”, edito da L’Età dell’Acquario
(Torino) nel 2013.
Da alcuni anni organizza e tiene lezioni/seminari
a carattere prettamente culturale, incentrati su tematiche filosofiche,
mitologiche e simboliche, con particolare attenzione al confronto tra
Oriente ed Occidente.
SPIRITUALITÀ
Cos’è Spirituale?
Diffido della capacità di definire termini di portata così ampia, in
ambiti così incerti, vasti, e nei quali l’esperienza interiore è
determinante. Inoltre considera quanta differenza vi sia tra l’idea di
“Spiritualità” nell’antichità e nella visione odierna, oppure tra
oriente ed occidente. Da un lato sono tentato di aderire alla visione
Junghiana di “Spiritus rector” come potenza interiore del Sé
individuale, un potenziale che può essere sviluppato per orientare e
realizzare la propria unicità, la propria “ciascunità”, direbbe James
Hillman. Dall’altro, a proposito di Hillman, la sua visione della
differenza tra anima come “medium”, sguardo o prospettiva direttamente
connessa all’immaginazione – distinta dallo spirito come elevazione,
trascendenza, distanza dal mondo – è decisamente interessante, perché
abbraccia una visione di spiritualità come processo di
verticalizzazione, crescita e purificazione che è stato il marchio di
fabbrica di ogni metafisica, per prime le religioni ovviamente. Conviene
procedere al contrario e pensare cosa NON sia “spirituale”. Al giorno
d’oggi questo è un termine che trascina confusione, risente
dell’accozzaglia magmatica di un soggettivismo senza appigli né
direzione, in cui sembra valere tutto ed il contrario di tutto. Sta
passando il messaggio che la realizzazione spirituale possa coincidere
con la soddisfazione dei propri capricci, dei propri desideri trattati
come “diritti naturali”. Così diventa spirituale persino tutto ciò che
tradizionalmente è stato bandito dall’ottica della crescita interiore:
dalla ricerca della felicità al benessere, dalla ricchezza alla
prosperità. Nell’India vedica, la ricerca della felicità era considerata
il livello più infimo del percorso di realizzazione, qualcosa che ci
rende più simili alle bestie che al divino. Un sorriso inebetito dipinto
sul volto oggi viene scambiato per sintomo di “risveglio”. Sembra che
gli zombi si credano improvvisamente “viventi”, dimenticando di essere
comunque, innanzitutto, “morti”. In compenso, tutto ciò che ha sempre
consentito un contatto profondo con il proprio centro – l’estasi ed il
dolore, la notte, la solitudine, l’emarginazione, le tenebre, la
discesa, il vuoto e persino il terrore – vengono considerati come
sintomi di distanza dallo spirito, vissuti come errori, o problemi da
evitare. Si sono rovesciati i termini: se stai bene sei realizzato
spiritualmente, il che è l’opposto di tutto ciò che ha contraddistinto i
cammini interiori, costellati di cadute e risalite, di follia e dolore,
di estasi e di emarginazione. Il risultato è che oggi è considerato
“spirituale” quello che ad occhi attenti risulta un insieme di nevrosi.
La fuga dal mondo e da se stessi è celebrata come spiritualità. La
finzione del benessere è scambiata per spiritualità. Il culto della
propria salute è confuso con la spiritualità. Un insieme di frustrazioni
attende i cultori di questa falsificazione. Per ciò che mi riguarda,
spirituale è il processo di avvicinamento al proprio centro, la messa in
moto della propria unità ed unicità, la graduale libertà a cui può
giungere un soggetto, qualcosa di molto vicino all’individuazione
secondo C. G. Jung o al compimento della vera Volontà secondo A.
Crowley. Tale processo necessita di una vita di lavoro durissimo, e non
di qualche weekend a caro prezzo dove si esperisce, essenzialmente,
qualche forma di illusione.
Cosa ne pensi della non troppo recente mercificazione della Spiritualità?
Non è una novità, in effetti. Aver reso un lavoro o una professione la
propria vocazione verso la materia interiore non è un male in sé
(eccetto che la specializzazione, in questo ambito, può risultare tanto
dannosa quanto la generalizzazione), ma come sempre c’è chi ne
approfitta, e mancano strumenti adeguati per operare i necessari
distinguo. I palati non raffinati non sanno riconoscere la qualità,
quindi tendono a livellare verso il basso. Non si può però nemmeno
colpevolizzare chi si mette a dare alle persone ciò che esse chiedono.
Se voglio uscire da una gabbia per entrare in un’altra, mi basterà
trovare il “guru” o il metodo che faccia presa sulle mie lacune, così
non sarò io ad occuparmi di riconoscerle e colmarle; parliamo sempre di
un “credo”, che si tratti di una tecnica di risoluzione dei propri
complessi o traumi mediante la vibrazione delle onde theta, che si
tratti di uno sciamano che pulisce l’aura, di una serie di raggi
colorati da abbinare ai giorni della settimana, o di un contatto con
l’Arcangelo Michele o di uno che vede i morti o parla con gli alieni. E’
spesso una forma di fede, gravemente semplificata e spettacolarizzata.
La spiritualità oggi ha meccanismi psicologici simili a quelli che
animano il “complottismo” e continua in fondo ad essere intrisa dello
stesso dualismo che sorregge le religioni monoteiste (io/altri,
puro/impuro, spirito/materia, giusto/sbagliato, bene/male, luce/tenebre,
felicità/inadeguatezza, benessere/malessere). Per me tali dinamiche
sono assimilabili a delle forme di superstizione. In genere questi
personaggi non ti insegnano a parlare con gli alieni o gli angeli, ma a
credere a loro, che dicono di essere in grado di farlo; non ti insegnano
a pulire le vibrazioni di una stanza (ammesso che abbia senso questo
enunciato), ma a fidarti di chi dice di essere in grado di farlo. In
ogni caso, la domanda che nessuno si pone è: perché e da cosa dovrei
“pulirmi”? Cosa mi rende sporco ed impuro a livello sottile a tal punto
da necessitare l’intervento di uno che saprebbe ripulirmi? Perché mai la
spiritualità è relegata a concetti come pulizia, purificazione,
elevazione, distacco, luce, ricchezza, salute, controllo e non si
contemplano invece la contaminazione, il mischiarsi, la discesa, la
grotta, le tenebre, la perdita di controllo? Non è chiaro il rischio che
si tratti di nevrosi mascherate? Di un neo-cattolicesimo privo della
statura e dello spessore della religione cristiana? Se i nuovi (pseudo)
guru decidono di insegnare o trasmettere delle tecniche, ecco emergere
l’altro limite dell’occidentale di oggi: l’incrollabile fiducia in una
tecnica o in un metodo. Si crede di poter prescindere dal vissuto
personale e dal lavoro interiore, aspettando che qualcuno riveli dov’è
il “pulsante” dell’illuminazione o la “leva” del risveglio. In fondo, se
pagano è perché vogliono “comprare”. Ma il lento lavoro su se stessi
non è acquistabile, innanzitutto perché non è detto che sia un “bene”, e
secondariamente perché ci vuole tanto tempo. Ad esempio, nel mio lavoro
di divulgazione mi limito a fare “intrattenimento culturale”, operando
sintesi su argomenti che risparmiano agli utenti lo studio di svariate
decine di libri. Metto al servizio dell’intelligenza degli utenti una
serie di informazioni collegate, che potrebbero aprire nuovi orizzonti
interiori. Molti vogliono vivere esperienze, e non si rendono conto che
pagano per vivere il riflesso di esperienze altrui, sempre che chi dice
di vivere una certa condizione o esperienza stia dicendo il vero. Se mi
occupassi di dire (a pagamento) alle persone che cosa dovrebbero fare
per realizzarsi interiormente, per stare meglio, per liberarsi dai
propri problemi, sarei uno pseudo-guru, avrei l’arroganza di pretendere
di sapere che cosa sia meglio per un perfetto sconosciuto e dovrei fare i
conti con molto più che una semplice etichetta, ma con una serie di
legami cui rinuncio volentieri. Io non spaccio metodi di realizzazione,
sebbene segua da anni un percorso iniziatico, che però non è oggetto di
pubblicità nel mio lavoro. Questo limitarsi, da parte mia, a mettere al
servizio dell’intelligenza degli utenti una serie di informazioni
sintetizzate e proporre collegamenti tra i vari ambiti di cui mi occupo,
lo considero un atto di rispetto nei loro confronti.
In “Erotismo e Spiritualità” hai dato un profondo sguardo al legame che c’è tra questi due elementi…
Quel libro è un’introduzione ad un argomento millenario che coinvolge
in egual misura, pur con le dovute differenze, l’oriente e l’occidente.
Ho alternato aspetti tradizionali, riassumendo alcuni passaggi di una
sapienza secolare, con aspetti personali, fondati sulle esperienze
pratiche di “sex magick” che conduco da oltre un decennio. La sintesi
erotico-magica non conosce confini, e sebbene lo sviluppo orientale
(Cina ed India su tutti) fosse più esplicito ed aperto rispetto a quello
occidentale, anche l’antico Egitto, la Grecia antica, ed i movimenti
gnostici cristiani dei primi secoli d. C. hanno maneggiato questa
sintesi. L’Eros apre le porte al Sacro, ed è il modo più immediato per
chiunque di aver un approccio al numinoso e al trascendente. I misteri
della sessualità mistica sono celati tra le pieghe dei testi sacri,
spesso ben criptati, ma anni di pratica aiutano nella decodificazione.
E’ un percorso che va abbinato alla propria crescita interiore, nel
senso che i troppi condizionamenti che abbiamo sulla sessualità rendono
necessario un lungo lavoro preliminare. Non è praticabile questo tipo di
amore se si pensa che sia solo una questione tecnica. Vi è anche una
“riesumazione” dell’istinto. In realtà un enorme lavoro sulla propria
psiche è necessario viatico per la resa nell’ambito della sessualità
mistico-magica. E’ una questione che concerne anche l’etica. Uno deve
aver fatto i conti con imbarazzi o vergogne, paure, sindrome da
abbandono, gelosie, possesso, attaccamenti, territorialità,
identificazione nel partner e tutto ciò che normalmente contraddistingue
un rapporto di coppia. Chi crede di poter fare a meno di questo lavoro,
oppure si nasconde giustificando in qualunque modo la seppur minima
presenza di tali “sentimenti”, si sta prendendo in giro da solo. Libertà
e Amore devono essere una cosa sola… e la sola cosa! Il resto è pietra
d’inciampo e serve solo a giustificare le proprie mancanze. E’ talmente
difficile che, in vita mia, avrò conosciuto sì e no un paio di persone
in grado di essere ciò che dicevano di essere. Gli altri,
immancabilmente, falliscono al momento della prova. Credo sia per questa
ragione che i Tantra consigliavano di praticare con persone con cui non
si aveva alcun legame, all’interno di rapporti “occasionali” o scevri
da qualunque sentimentalismo, progetti di vita condivisi o matrimoni. Il
lato preparatorio, teorico ha occupato una parte corposa del mio lavoro
e anche del libro, mentre il lato pratico si fonda sull’esperienza e ha
bisogno di un’attitudine pura, che richiede costantemente di verificare
le “prove”.
Vedi un legame tra Spiritualità e Psicologia?
Certamente, un legame in parte ancora da decifrare, ma Jung ha aperto
una strada che alcuni stanno percorrendo. La storia dei rapporti tra
coscienza e spiritualità è vecchia quanto la coscienza o quanto lo
spirito, quindi mi riferisco solo alla psicologia come disciplina
contemporanea. La psicologia è vittima, come tutte le altre
“discipline”, della foga organizzatrice che tende a definire, separare,
distinguere, classificare, delimitare. Mi rendo conto di quanti limiti
possa recare in seno un sapere se soggiace alla tentazione della
sistematizzazione e dell’iper-definizione. In un caso come quello della
Psiche, mai tentativo fu più maldestro e destinato in buona parte a
fallire. E’ necessario restituire spazio e spessore al ruolo
dell’immaginazione, vera sorgente delle immagini che animano l’arte, la
cultura simbolica, la mitologia e la storia delle religioni.
Paradossalmente, sono proprio “gli emarginati” dalla psicologia a poter
contribuire maggiormente a rinvenire il filo rosso che collega lo
sviluppo dell’interiorità, nonché le svariate dottrine magiche e
mistiche, alla psicologia intesa nel senso più “accademico” del termine.
I tentativi fatti su alchimia, taoismo, yoga e mistica, per esempio,
dovranno essere tradotti in termini pratici, esperienziali, non più solo
in termini teorici, intuitivi, comparativi. Ciò che fino ad ora è stato
osservato dall’esterno e dall’alto, deve portare ad una piena
immersione, si deve osare scendere sul terreno fangoso dell’esperienza
pratica e “sporcarsi” con e di essa. Si invocano spesso nuovi approcci,
ma poi chi si fa avanti coraggiosamente a proporre qualcosa di inedito e
sperimentale viene immediatamente “ghettizzato”, attaccato e talvolta
deriso. Non solo la psicologia, ma anche la filosofia può vantare non
pochi legami con il mondo dell’esoterismo e della spiritualità, se pensi
che nei manuali universitari, quando frequentavo la facoltà di
filosofia, capitava di imbattersi in Pico della Mirandola, Paracelso,
Cornelius Agrippa… Resta però insindacabile che la prima disciplina a
fare i conti con il mondo magico-mistico a livello accademico fu, ed è
tuttora, l’antropologia culturale e transculturale.
Credi che un domani questa “materia” possa farsi posto dietro una cattedra universitaria?
Sta già accadendo, in realtà. Svezia e Olanda sono state tra le prime
ad aprire le porte ad una “dignità” accademica per una vasta letteratura
e cultura esoterica che, fino a ieri, era vissuta sottotraccia,
appannaggio di cerchie iniziatiche o di studi personali di appassionati
di simbologia, esoterismo o spiritualità “di confine”. Ora anche in
Italia si è finalmente mosso qualcosa. L’Università Bicocca di Milano ha
inaugurato, per la prima volta in assoluto, un Master universitario in
culture simboliche, magistralmente condotto da docenti preparati e
coraggiosi, in modo davvero innovativo e fuori dalle grigie e rigide
abitudini accademiche. Il professor Paolo Mottana è tra i promotori,
ideatori, ed organizzatori di questa fondamentale “prima pietra”, nella
speranza che possa essere solo l’inizio di un percorso che conduca ad un
riconoscimento accademico più ampio in Italia.
TANTRA E SESSUALITÀ
Cos’è il Tantra?
Provo a riassumere in modo drasticamente sintetico. E’ un termine
composto, della lingua sanscrita, formato dal suffisso “tra”, che crea
il caso strumentale, e la radice “tan”, da cui deriva il latino “tendo”,
per esempio. Tantra perciò significa “strumento per tendere”,
letteralmente. Per traslato diventa “telaio”, uno strumento che funge da
metafora per il passaggio dal caos all’ordine. Poi “Tantra” è un
termine che comincia a designare un insieme articolato di scritti
rivelati, che cominciano ad apparire nei primissimi secoli d.C., per
andare incontro ad un’esigenza diffusa: quella di superare, andare oltre
i limiti della filosofia vedica, percepita da molti come decaduta,
superata, spenta. La “nuova rivelazione” tipica dei testi tantrici
consiste nelle dottrine teoriche e pratiche che consentono di
approcciare il percorso di realizzazione nel c.d. “Kali Yuga”
(letteralm. “l’era del punteggio perdente”), cioè nell’era di
dispersione e frammentazione che stiamo vivendo. I testi tantrici danno
vita a sistemi iniziatici che sono spesso molto distanti l’uno
dall’altro, sia nell’impianto etico, nei presupposti teorici, che nella
parte pratica. Esistono diversi gruppi che adorano Shiva, altri che
adorano Vishnu, e altri ancora, la maggioranza, che adorano una delle
innumerevoli forme della Dea (Shakti). Si tratta di grandissime
differenze, che rendono impossibile il rinvenimento di un’unità di
fondo. Le sole componenti comuni riguardano la necessità di sottoporsi
ad un rito iniziatico, la preminenza dell’aspetto rituale e le dure
pratiche ascetiche che sarebbero in grado di scoraggiare qualunque
occidentale anche fortemente incuriosito dal tentare un simile percorso.
Questo è il motivo per cui io, personalmente, sconsiglio ai praticanti
di erotismo mistico di andar in giro dicendo di essere “esperti” o
“praticanti” di Tantra. Per chiarirsi un po’ le idee ecco un breve
video:
http://youtu.be/4GKKLyncG2E
A quale tradizione Tantrica ti riferisci principalmente nei tuoi studi?
Mi riferisco solitamente alla corrente meno conosciuta, meno praticata e
decisamente meno accessibile, che va sotto la denominazione generale di
“via della mano sinistra” (vama marg), perché i primi praticanti di
questo tipo di Tantra venivano dal nord dell’India (indicato dalla mano
sinistra, come il sud dalla destra, perché l’uomo è immaginato con il
viso rivolto ad est). Si tratta di complessi dottrinali su cui si è
scritto abbastanza, ma di cui sappiamo relativamente poco. Oggi un
occidentale medio non potrebbe nemmeno lontanamente compiere un cammino
identico a quello proposto dai Tantrika della mano sinistra. Si possono
decontestualizzare alcune pratiche ed inserirle nel tessuto della vita
occidentale contemporanea, ma, come dicevo, è più onesto evitare di
dirsi “praticanti di tantra”, e rivolgere le proprie attenzioni alla
magia sessuale, una versione occidentale più moderna e molto più
accessibile, che trova i propri padri in personaggi del calibro di
Pascal Beverly Randolph, Aleister Crowley, Maria de Naglowska, John
Whiteside “Jack” Parsons ed altri. Il fatto che io mi riferisca alla via
della mano sinistra non significa che io la possa praticare (il che è
da escludere per un occidentale), ma che possa ispirarmi ad alcuni
principi etici e filosofici, ad esempio la necessità di liberarsi dai
“guru”, o dal falso concetto di “Tradizione” con la “T” maiuscola (che
non esiste affatto, essendo una finzione linguistica inventata da
personaggi come Evola e Guenon, che non avevano né la statura dei
filosofi, né quella degli adepti), o di contribuire alla dissoluzione
dei culti e delle religioni della vecchia èra.
In “Crux Christi Serpentis” dai una lettura tantrica della Bibbia. Da cosa parte il tuo lavoro?
La storia è vecchia quanto il Cristo stesso! Gli eresiologi come
Ireneo, Ippolito, Agostino ed Epifanio, nei loro libri (siamo tra il I°
ed il IV° secolo d. C.) denunciano una serie di gruppi cristiani dei
primi anni d.C. (accusandoli di eresia) dediti alla pratica orgiastica e
alla consumazione eucaristica dei fluidi prodotti dall’orgasmo durante
quel rito chiamato Agape, che anticipava l’odierna messa. Nel Sinodo di
Laodicea appare una frase che dice (cito a memoria quindi non sarà
proprio identica): “Da questo momento è fatto divieto ai fedeli
cristiani di recare il giaciglio nel tempio, per evitare di rendere
troppo comodo l’amore” (!). La sessualità, spesso orgiastica, e
l’ingestione del seme e del sangue (retaggio di antichi culti
mesopotamici, orientali e della Grecia antica) era per loro il modo di
celebrare l’ultima cena. Il tema è stato approfondito e studiato da vari
autori, tra i quali Clement de Saint-Marq. Ho rispolverato questi
autori, ho organizzato in un agile libro alcuni di questi motivi
interpretativi, li ho accostati alle pratiche tantriche per ribadire
l’esistenza di una potenziale continuità tra oriente ed occidente.
Ovviamente sono stato accusato di mentire o di promuovere pratiche
oscene. C’è persino chi mi ha accusato di favorire la giustificazione
della pedofilia tra i preti! Mi sono limitato a riportare studi ed
informazioni esistenti da tempo, non ho scritto che bisognerebbe fare
così, o che questa sia la verità. Ma le persone, come sempre quando si
tocca qualche corda profonda, si scagliano con violenza contro il
megafono. La fiera dell’ignoranza. Mi sono divertito a battagliare con
qualche cattolico oltranzista che invocava per me la dannazione
dell’anima, o che rimpiangeva la “messa all’indice”, ma anche con
qualche collega disattento (sto usando un eufemismo), che non ha capito
che mi riferivo a testi antichi e pensava scrivessi per indurre a
praticare in tal modo l’eucarestia, o che le idee fossero mie e
andassero bandite perché pericolose, sconce o eticamente inaccettabili.
Un sorriso anche per loro.
YOGA & ORIENTE
I tuoi lavori sono indirizzati molto nell’indagine della tradizione che è definita Orientale. Come mai senti questa necessità?
Più che di una necessità, si tratta di una contingenza. Non saprei dire
perché fin dall’adolescenza ho nutrito una certa attrazione per le
figure mitologiche orientali, ma a 18 anni ho iniziato a praticare yoga,
anche in eccesso, e meditazione. Poi gli studi universitari hanno
sancito questo mio interesse, che ha trovato soddisfazione in testi
irreperibili o fuori commercio, che mi venivano prestati dal prof.
Piantelli, durante il periodo di stesura della tesi di laurea. Oggi
credo che ciò che mi anima nel mio studio e lavoro comparativo, è la
volontà di mostrare quanta continuità ed identità ci siano tra oriente
ed occidente, al contrario di quanto spesso accada coltivando l’idea che
siano come due emisferi del mondo. Mi è capitato di proporre lezioni o
mini-corsi di 30 ore sul confronto tra filosofia occidentale ed
orientale all’interno di licei classici pubblici di Torino, è stata una
grandissima esperienza, perché mi ha permesso di incontrare ragazzi
motivati e interessati. Sono convinto che molto del lavoro di
rinvenimento della continuità tra mondo orientale e mondo occidentale
sia ancora da compiere. Pensa che pochi anni fa sono venuti finalmente
alla luce un insieme di testi della cultura hindu che parlano di
alchimia, della lavorazione dei metalli, zolfo, mercurio ecc., e delle
operazioni o fasi che noi conosciamo grazie a testi occidentali del
rinascimento. Bene, questi testi hindu sono stati redatti a partire dal
II° sec. d.C.! Se pensi che fino a ieri pensavamo all’alchimia come a un
prodotto occidentale del tardo medioevo…
Credi che un percorso
orientale sia possibile per un Occidentale dei giorni nostri? Perché
pensi che alcune personalità (v. Dion Fortune e Jean Dubuis) non siano
concordi su questo punto?
Non è facile per un
occidentale, a meno che non vada a vivere in oriente, “importare” un
percorso orientale ed adattarlo allo stile di vita occidentale.
Condizioni troppo diverse, luoghi ed energie diverse. Per questo, in
parte, concordo con D. Fortune e J. Dubuis. Ma non è nemmeno vero che
per noi sia inutile praticare meditazione, yoga o altre discipline
provenienti dall’oriente. Non dobbiamo rischiare il “razzismo” o il
“regionalismo” spirituale, che è una becera illusione, fondata su
cecità, ignoranza e non accettazione del divenire. Se lavoro a lungo con
la respirazione controllata, gli effetti chimici sull’accumulo di
ossigeno/anidride carbonica nel sangue saranno un dato “oggettivo”, che
io sia qui o a Varanasi (dove probabilmente è persino peggiore la
qualità dell’aria). Le prove di questo sono relativamente recenti, e
riguardano l’osservazione strumentale delle variazioni neurochimiche e
dell’attivazione di aree ed onde cerebrali durante stati di meditazione.
Esperimenti condotti negli Stati Uniti sia su persone orientali che su
esperti di meditazione occidentali che vivevano e lavoravano in
occidente hanno prodotto risultati identici. Quindi esiste anche un
terreno comune che rende utili ed efficaci le tecniche orientali a
prescindere dal luogo in cui vengono praticate o dalla nazionalità di
chi le pratica. Poi, alcune cose non dipendono dalla tecnica, ma dallo
“spirito”, che è anche un’emanazione dei luoghi e delle culture. Una
sciamana siberiana o centramericana funziona meglio di un italiano che
si applichi nella ritualità sciamanica. Un haitiano sa far funzionare il
voodoo realmente, sicuramente più di quanto possa fare un europeo
“esperto” in materia e così via.
Cos’è lo Yoga?
Altra domanda a cui è impossibile fornire una risposta, almeno in
breve. Vorrei innanzitutto che lo yoga non fosse una forma di ginnastica
o un modo di rilassarsi, come ha finito per essere qui in occidente.
Vorrei che lo yoga fosse ancora, o di nuovo, un modo per sbarazzarsi di
tutto ciò che si identifica come “se stessi”.
Ti risponderò con una
visione personale, frutto di anni di pratica, e tenendo presente che
l’occidentale di oggi non può che vivere una forma “depotenziata” di
yoga. Yoga è l’arte (non improvvisata) del gesto sacralizzato, caricato
di significato e potenza. Yoga è sapere denudarsi dentro. E’ la
disciplina della solitudine come forma di benedizione ed indipendenza.
E’ la costruzione di appigli e strumenti di controllo interiore
finalizzato ad una graduale perdita di controllo. Yoga è il continuo
rapporto tra il dentro ed il fuori. Yoga è stare di fronte ad uno
specchio immerso nel buio.
Che valore dare allo Yoga?
Il valore è di tipo empirico, dato dal vissuto ed è a carattere
pratico. Il lato esperienziale è il suo punto di forza ma anche il suo
limite; da un punto di vista psicologico lo Yoga offre una possibilità
di sviluppo, di smascheramento. Con lo yoga ho cominciato a capire che
tutto ciò che conoscevo o credevo di conoscere di me era falso o
quantomeno parziale. Poi venne il tempo di uno yoga compulsivo, un
eccesso di raccoglimento, che rischiava di essere pura evasione o fuga
dal mondo. Ho capito che non dovevo chiudere gli occhi ed entrare in me
(tipico dello yoga), ma chiudere gli occhi ed uscire da me (tipico
dell’estasi). Dovevo identificarmi nel mondo, ristabilire l’unità tra
esterno ed interno, tra mondo e psiche. Lo Yoga mi ha aiutato a capire
quali sono i limiti dello yoga, e i rischi dell’enfatizzazione della
differenza tra dentro e fuori. Invece bisogna andare verso
l’annullamento di ogni differenza, anche tra il dentro ed il fuori. Poi,
però, vista l’eccessiva tendenza ad ascendere, salire, spiritualizzare,
ho dovuto presto fare i conti con la necessità di scendere, immergersi,
mischiarsi. Arrivavo a non sopportare il fatto di avere un corpo, e
quando si arriva a questa sensazione significa che c’è qualcosa che non
va. In fondo siamo innanzitutto incarnati. Non c’è realizzazione senza
unione tra gli opposti. Tenebre e Luce, interno ed esterno, ascesi e
discesa, bene e male, tutto in uno. Quando ho iniziato una graduale
discesa agli inferi, consapevole e senza paura, ho usato alcuni additivi
psicotropi come strumento di amplificazione della percezione ed
alterazione della coscienza. Diciamo che gli stupefacenti mi hanno
aiutato ad uscire dal “tunnel” dello yoga. Gli psicoattivi mi hanno
salvato dalla spiritualità compulsiva, permettendomi di non sprofondare
nell’eccesso di raccoglimento, e di ristabilire un contatto con la
stessa maya (illusione, o meglio malìa) di cui sono composti sia
l’universo che la coscienza. L’allucinazione e la distorsione sensoriale
sono una forma di allargamento delle frontiere della percezione e della
consapevolezza; persino il rasentare la psicosi è una forma di
rinsavimento. La consapevolezza e la percezione sono connesse a qualche
forma segreta di creatività; da ciò che ho potuto sperimentare nei
picchi della meditazione o dell’esperienza indotta da additivi, credo
che avesse ragione Buddha: non vi è alcuna anima, non vi è alcuna
essenza. La sola “realtà reale” è il nulla, un nulla fecondo che
accoglie il sostanziale nella forma della vacuità e dell’assoluta
impermanenza. La creatività e la precarietà sono alleate. In questo
senso è profondamente vero, secondo la mia percezione, che l’intero
cosmo ed il dispiegarsi della vita siano una forma di concreta e
duratura allucinazione. Sono convinto che a scuola dovrebbero insegnare
un uso consapevole degli psicoattivi ed offrire a tutti i ragazzi un
rapporto diretto, attivo e creativo con l’onirico e con il proprio
inconscio. Poi, dopo la discesa agli inferi, il ciclo si è chiuso
definitivamente, ormai anni fa, e da allora non ho più usato alcun
additivo per “navigare” nel fluido della materia inconscia. Ora non ne
ho alcun bisogno o giovamento, riesco ad entrare ed uscire agevolmente.
ESOTERISMO & FILOSOFIA
Cos’è l’Esoterismo?
E’ l’ennesimo “…ismo”, quindi un’altra etichetta ormai abusata,
sbiadita, logorata. Una volta “esoterismo” era un termine ricco e vivo,
potente e denso di implicazioni. Termine che concerne il lato intimo,
interno. Oggi l’esoterismo è diventato essoterico, perché l’interno è
oggetto di esibizione, si rifugia nelle superfici per sopravvivere,
perché quasi nessuno osa sprofondare. La definizione di esoterismo si è
inspessita ed annacquata troppo, ormai include di tutto, quindi ha perso
valore. Secondo me è un altro termine “ucciso” dal volgo, un’altra
“parola perduta”, ormai quasi inutilizzabile. Di “esoterico”, nel mio
quotidiano, mi resta l’immaginazione, il contatto con l’onirico, il mio
stare presso l’ombra, il silenzio, e quel daimon celato in tutto ciò che
vive, che cerco costantemente di ascoltare.
Quanto la nostra cultura è contaminata da tematiche Esoteriche?
Dipende dallo sguardo con cui si interpreta il mondo. Con un occhio
vedo riferimenti esoterici ovunque, con l’altro non trovo che flebili
tracce, faticose da seguire, nelle pieghe e nei recessi più oscuri della
nostra società o cultura. L’esoterico è l’ermetico, e di ermetico resta
ben poco nel nostro mondo. Quel poco suscita inquietudini e paure.
Forse un residuo esoterico nella cultura odierna è rinvenibile
nell’attitudine ermeneutica, che è parzialmente ermetica, ma in un senso
ancora troppo letterale. Credo che la nostra cultura sia “contaminata”
da tematiche esoteriche nella quantità e nella misura in cui sappiamo,
crediamo o vogliamo che lo sia. Vivere la vita come fosse l’onirico, una
parvenza, una visione, un’allucinazione, questo è utile perché consente
di elevare ogni dettaglio o evento a simbolo, stanando l’afflato
contemplativo e successivamente interpretativo. Se vivo ogni istante
come un simbolo, tutto può diventare messaggio.
Come mai pensi che questi
elementi anche se presenti in quasi ogni disciplina siano tenuti alla
larga da ambienti Universitari e vengano nella quasi totalità dei casi
evitati?
In parte ho risposto sopra, l’aria sta
cambiando ed il futuro potrebbe riservare buone notizie anche per noi
italiani. Sul fatto che fino ad ora non sia stato possibile, è inutile
dilungarsi troppo. E’ scontato che i culti cristiani istituzionalizzati
siano dalla parte opposta della sapienza esoterica, come è scontato che
lo sia la c.d. “scienza ufficiale”. Sottotraccia, la cultura
magico-mistica è sopravvissuta e si è evoluta ugualmente, ora può
pensare di affacciarsi con coraggio e aspirare a un diritto di
cittadinanza anche in ambito accademico.
TAROCCHI & KABBALAH
Tra i tuoi testi più noti c’è
“I Tarocchi e l’Albero della Vita”, edito da Psiche2 nel 2010. Come
descriveresti ad un non “addetto ai lavori” il Tarocco?
Sì, devo dire che quel libro è il mio miglior lavoro, decisamente
onirico e personale. Svelo un piccolo segreto: alcuni avranno notato che
talvolta, in quel testo, scrivo in prima persona. I saggi non sono
quasi mai scritti in prima persona; il fatto è che interi stralci dei
miei diari personali sono finiti a comporre il libro. La seconda
ristampa è già uscita da tempo e continua a vendere bene. In un paio di
forum specializzati è stato classificato come il miglior testo mai
uscito in Italia sui Tarocchi e la correlazione con la Cabala. Se
dovessi rivolgermi ad un novizio, presenterei i tarocchi come dei
crogioli di simboli, con matrice archetipica, che raccontano la storia,
passo a passo, dell’Iniziazione, del percorso interiore di
emancipazione; inoltre gli consiglierei di usare i Tarocchi come fossero
specchi per l’inconscio, anziché partire dalla divinazione.
…e cosa gli diresti a proposito dell’Albero della Vita?
Gli direi che se vuol rubarne il frutto deve superare la spada
fiammeggiante che rotea in tutte le direzioni e la guardia di due
cherubini: quindi deve rovesciare la lingua verso il fondo del palato e
girare i due occhi fissandoli sul terzo occhio. Scherzo, ma non troppo!
Nell’ambito cabalistico, l’Albero della Vita è un tipico sistema
emanazionistico: può essere letto dall’alto in basso, interpretandolo
come modello cosmogonico, oppure dal basso in alto, interpretandolo come
modello ascetico o mistico. L’Albero della Vita è connesso all’Albero
della Conoscenza del Bene e del Male, il frutto del primo ci renderebbe
“come” Dio, il frutto del secondo ha aperto gli occhi di Adamo ed Eva,
ma ha provocato l’espulsione dal giardino del piacere (Eden). Ciò
significa che un rapporto diretto con la Vita, un cibarsi della vita in
senso Nietzschiano, ci avvicina all’orizzonte assoluto (mediante
l’estasi), mentre la Conoscenza ci allontana dal mondo e ci separa dal
senso di meraviglia innocente e primordiale che abbiamo quando
sperimentiamo un fenomeno senza ancora conoscerne le dinamiche. La
Conoscenza vieta l’estasi di una nuda contemplazione, perché entra nei
motivi, nelle dinamiche, nelle cause, nei funzionamenti. L’apertura
degli occhi spegne parte del sogno che anima e sostiene l’attitudine
magica. Vivo spesso ad occhi chiusi, o se li apro cerco di tenerli
aperti in una silente contemplazione, uno stupore che mi riporta allo
stato edenico dell’infanzia, dove una cascata era un simbolo magico, e
non H2O attratta al suolo dalla forza di gravità, o in cui un arcobaleno
era un miracolo, e non un fenomeno di diffrazione della luce solare che
attraversa goccioline di acqua in sospensione…
Pensi che lo studio del Tarocco sia inscindibile da un preventivo studio Qabalistico?
Secondo me non è inscindibile, si può benissimo avere un profondo
rapporto con le immagini ed i significati dei Tarocchi senza studiare le
corrispondenze della Cabala. Agiscono su due livelli diversi, le
immagini e le conoscenze intellettuali. C’è la stessa differenza che
esiste tra simboli e formule: i primi sono connessi all’inconscio e
all’immaginazione, le seconde all’intelletto e alla facoltà razionale.
Le immagini fanno la differenza, e probabilmente, prima della relazioni
cabalistiche, consiglierei di studiare le correlazioni astrologiche, che
secondo me sono più importanti nel rapporto con i significati dei
Tarocchi. Inoltre le attribuzioni astrologiche conservano una densità
simbolica maggiore rispetto alle attribuzioni alfabetiche e numeriche
tipiche della Cabala. Le correlazioni cabalistiche aiutano, ma ho
sensazione che siano un’aggiunta, un arricchimento, non un fondamento
irrinunciabile.
È essenziale in un percorso di sviluppo spirituale apprendere l’Arte Divinatoria del Tarocco?
Non credo che l’apprendimento dell’Arte divinatoria sia essenziale per
lo sviluppo interiore del soggetto. Non è la propria via iniziatica a
dipendere dall’Arte divinatoria, ma sicuramente è vero il contrario:
l’Arte divinatoria può dipendere dal proprio progresso interiore,
soprattutto in termini di sensibilità interpretativa.
Quale mazzo consiglieresti?
Uso il magnifico mazzo di Susan Jameson, ma ormai non è più reperibile.
In alternativa consiglio sempre il mazzo di Aleister Crowley, per la
densità simbolica. Altrimenti, valga la sola regola aurea del ricorso al
mazzo che si “sente” più vicino al proprio spirito, quello più
rappresentativo e significativo per sé.
Ultimamente si sta
diffondendo un approccio psicologico alla cartomanzia, uno tra i tanti
che usa il tarocco come mezzo di indagine psicologia è Alejandro
Jodorowsky. Cosa ne pensi di questo tipo di approccio?
Credo sia troppo condizionato dalla fascinazione per la psicologia.
Capita anche in astrologia. La psicologia ha fornito un’ottima scusa a
chi si occupa di simboli e divinazione per dare una casa, un senso
profondo ed un insieme di significati razionalmente accettabili a tutto
un insieme di nozioni, simboli e strutture che stavano perdendo terreno e
valore man mano che l’illuminismo ed il razionalismo portavano innanzi
la fiaccola dell’intelletto. Il problema è che la psicologia apre nuovi
problemi, mentre spesso la si usa per “spiegare”. La complessità delle
discipline psicologiche e la volatilità della materia di cui trattano,
rende la psicologia un ibrido: vorrebbe essere scienza ma non ne ha i
mezzi, viene chiamata in causa dagli “esoteristi” ma non è
sufficientemente esoterica. Jung non è tutta la psicologia. Spesso chi
usa tarocchi od oroscopi si riferisce a Jung, conoscendolo parzialmente
(sfido a conoscere a fondo Jung!), e crede così di fare “psicologia”, ma
naturalmente ciò è ridicolo, perché Jung non basta a giustificare una
lettura psicologica del piano natale o dei tarocchi, come non basta a
far da riferimento per l’intera psicologia. Come sempre ignoranza ed
approssimazione giocano a favore della giustificazione e validificazione
di arti semi incomprese. Credo sia un bene che restino zone d’ombra,
vaste aree di incomprensibilità e momenti di fecondo disorientamento,
affinché non sia tolto all’esoterismo quel poco di “esoterico” che
ancora lo sostiene.